Calabrò condannato a sei anni per bancarotta

di MARCO PREVE

Sentenza di Appello per il manager amico di Toti che voleva comprare il Genoa

Nell’immaginario collettivo, oltre che l’imprenditore più sponsorizzato dal presidente della Liguria Giovanni Toti, doveva diventare prima il nuovo proprietario del Genoa e poi tuffarsi nel redditizio business dei rifiuti rilevando la Switch, società finita nella bufera giudiziaria dell’inchiesta Amiu. Al momento però, nella vita di Giovanni Calabrò, misterioso supermilionario (?) con soldi ed entrature in Russia, l’unica certezza è quella di una pesantissima condanna in appello per bancarotta. Per l’esattezza Calabrò è stato condannato a sei anni e due mesi di reclusione, esattamente la stessa pena che aveva rimediato in primo grado per la vicenda della società Algol.

La storia dell’Algol, anche se datata (gli arresti della finanza ordinati dalla procura di Busto Arsizio risalgono esattamente a dieci anni fa) aldilà degli aspetti penali non è esattamente edificante per l’immagine di un uomo pubblico e dei politici che lo sostengono.

A iniziare da come la procura intitolò quell’inchiesta: “Il marchese del grillo”. Dove il marchese in questione era proprio Calabrò e il titolo nobiliare non corrispondeva nel giudizio degli inquirenti ad altrettanta nobiltà d’animo. L’operazione ‘Marchese del Grillo’ nacque dalla precedente indagine sul crack della compagnia aerea Azzurra Air del luglio 2005. Mentre sfogliavano i bilanci di Azzurra, la Guardia di Finanza notò che tre mesi prima del fallimento Mario Palmonella e il suo braccio destro stavano cercando di svuotare completamente Azzurra Air permutando la sua sede di Gallarate (che aveva un enorme valore commerciale) con un immobile turistico abbandonato (valutato 42 milioni) situato a St. Gree di Viola, in provincia di Cuneo: la loro richiesta di un concordato preventivo, fatta solo per rinviare il fallimento e avere il tempo di condurre in porto l’affare, era sfumata per l’intervento del Tribunale fallimentare di Busto. In seguito la società’ cui era intestato l’immobile, la Inimont SpA, a sua volta parte della Holding Genius One, ‘scatola cinese’ con sede nelle Isole Vergini britanniche e amministrata da Giovanni Calabro’, che venne arrestato nel blitz della finanza, aveva tentato di riversare sul mercato finanziario 35 milioni di euro di ‘bond spazzatura’ — garantiti dall’immobile di St. Gree — attraverso la Gran Bretagna. Ma gli inglesi avevano intuito che l’operazione era un bidone e l’avevano bloccata. Il brsaglio si spostò sul Gruppo Algol che era gravato da pesanti debiti che la controllata Algol Product aveva con i fornitori — circa 25 milioni. Il gruppo finito in manette aveva acquistato Epsilan France, una delle controllate di Algol, e da qui, tramite complicate operazioni basate sull’emissione di fatture false aveva proceduto alla scalata della società’. Con lo stesso sistema delle false fatture, Algol Product, la società chiave del gruppo, e’ stata svuotata, e consistenti somme vennero stornate, secondo l’accusa, per uso personale: tra le spese non giustificate l’acquisto di una barca da 680 mila euro presentata come investimento pubblicitario, mentre un altro milione e ottocento mila euro era stato versato su una banca in Liechtenstein . La finalità di tutte queste operazioni, che hanno coinvolto a vario titolo società italiane, francesi, britanniche, olandesi, neozelandesi e delle Isole Vergini britanniche, spesso create ad hoc, era quello, per la procura, di impadronirsi di società’ quotate pagando nulla, e successivamente svuotarle a vantaggio dei conti correnti dei singoli.

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